Rare, rarissime volte, tra i potenti del mondo regna una tale unanimità come in questi giorni in occasione della Giornata mondiale contro le discriminazioni delle minoranze sessuali: tutti vogliono sconfiggere l’omofobia e credono, per dirlo con le parole del presidente italiano Mattarella, di riuscirci “imparando dalla diversità”.
In questi tempi sembra non vi sia più destra né sinistra: l’estrema sinistra italiana e il presidente degli Stati Uniti allineati, ciò che non accade per nessun altro tema affrontato. Il premier britannico conservatore, il presidente francese, il presidente italiano, tutti sono d’accordo contro l’omofobia, quindi per promulgare leggi che combattano la discriminazione e la violenza contro il “diverso”. Nè manca Berlusconi, anche lui scende in campo per i diritti gay. Non mancano le multinazionali della finanza, dello spettacolo, della New Economy, tutti i potenti in blocco impegnati a denunciare l’omofobia diffusa nella società e schierati a difesa del diverso.
Ma di quale diverso si parla? Gli elementi che più colpiscono in questo hype sono due: la totale genericità degli enunciati e delle politiche che ne conseguono, così come l’altrettanto totale assenza di dibattito e di dialettica democratica. Chi è l’omofobo? Non si riesce a chiarirlo perché chi pone la domanda è già “smascherato” come omofobo.
In tema di questioni LGBT impressiona la presenza di verità scontate che, si osservi, possono essere messe in discussione, pena venir qualificati come razzisti omofobi, assimilati ai nazisti, infine, essere privati della “cittadinanza”. Ciò esattamente come è stato fatto recentemente dal sindaco Pisapia di Milano, quando questi ha negato la sala Alessi del Comune a due relatori di cultura cattolica. Lo stesso Pisapia che, appena cinque anni fa, ha dovuto sperimentare sulla propria pelle un atto di diffamazione del tutto simile, quando, durante la campagna elettorale, egli stesso è stato assimilato al terrorismo rosso (!). Ciò e altro avviene con l’esplicito o tacito consenso di tutti i potenti, al punto tale che anche oggi Pierpaolo Pasolini potrebbe scrivere: “dai tempi delle leggi razziali non si è più vista tanta unanimità”.
E da questo trattamento volto all’esclusione del dissenso o alla negazione di approfondimento di tali questioni, non si salvano più neanche gli stessi omosessuali e gay. Come ha dimostrato il caso di Dolce Gabbana, la cui impresa è stata minacciata di boicottaggio dai benpensanti, quando uno dei due titolari si è espresso contro il diritto al figlio a tutti i costi.
Le modalità con cui le società occidentali trattano il dissenso nelle questioni riguardanti il sesso – in senso lato, non soltanto in merito al LGBT – sono una minaccia per la convivenza democratica: basti pensare al ripetuto annullamento dei risultati di regolari referendum in tema di famiglia da parte delle corti costituzionali statunitensi, all’epurazione di dissidenti dagli incarichi di responsabilità nella vita pubblica come nel recente caso di Brandon Eich, creatore di Java Script, rimosso su pressioni esterne dall’incarico di amministratore delegato della società Mozilla.
Per non parlare di tutte quelle persone i cui casi non entrano mai nei circuiti dei media, tra cui in primo luogo le persone che provano attrazione verso persone dello stesso sesso, in modo dominante, parziale, temporaneo, duraturo che sia, ma che non si riconoscono nella cosiddetta “identità gay”. Vengono ridicolizzati come “repressi”, descritti come malati di “omofobia interiorizzata” o “manipolati dalle gerarchie cattoliche” ; come nel caso del cantautore Lucio Dalla nei giorni successivi alla sua morte; per non parlare ancora dei gruppi di ex gay, che a volte si possono incontrare soltanto sotto la protezione della polizia.
Come genitori e amici di persone omosessuali possiamo umanamente comprendere la sofferenza di molti degli attivisti gay di fronte ad altre scelte di vita, ma non è accettabile che si voglia imporre la propria visione antropologica agli altri.
Al presidente Mattarella e agli altri potenti di buona volontà vorremmo chiedere: chi avete in mente quando dite “imparare dalla diversità”, coloro che dominano gli spazi pubblici in tema di sesso e di famiglia o coloro che non hanno voce in questa società (dei consumi)?
Chi è il diverso? Ogni volta che i potenti pronunciano la parola “diritti LGBT” sembra che questa venga a coincidere con il negare diritti ad altri, cioè il diritto alle persone attratte dallo stesso sesso di avere e di esprimere una propria soggettività, e alla società nel suo insieme il diritto alla libertà di parola.
Michele Gastaldo (Associazione Genitori e Amici di Persone Omosessuali)