Intervista con Michael Glatze

Un ex attivista gay spiega in che modo ha lasciato l’omosessualità


Michael Glatze (nella foto) si è dichiarato gay all’età di 13 anni e infine

ha fondato “Young Gay America”, un progetto non-profit di diffusione

attraverso i mezzi di informazione. In seguito ad una serie di incidenti

Glatze ha iniziato a rendersi conto che non era gay ma che aveva a che

fare con paure inerenti alla propria mascolinità. Da allora ha rifiutato la

propria identità gay. Nell’intervista con il dottor Joseph Nicolosi egli

descrive il proprio viaggio spirituale ed emotivo.

Dott. Joseph Nicolosi: Grazie Michael per la tua disponibilità a parlare

pubblicamente della tua vita. Hai già discusso in passato della tua

trasformazione religiosa e noi sappiamo che le esperienze religiose

possono avere un effetto profondo sul senso della propria identità. Ma mi

piacerebbe discutere anche della dimensione psicologica. In particolare,

che cosa ti viene in mente quando ripensi ai momenti trasformativi o ai

momenti di introspezione personale.

Michael Glatze: La prima cosa che mi viene in mente è che ho iniziato a

rendermi conto della natura dei miei desideri e del fatto che ero in grado di

modificarli.

J.N. E’ una frase interessante: “la natura del desiderio.”

M.G. Anche se quando ripenso alla mia vita nella comunità gay, c’era

sempre quella regola tacita di “ non mettere mai in dubbio i tuoi desideri

per lo stesso sesso.”

J.N. Si. Questa è una regola molto importante nella comunità gay.

M.G. Giusto. In effetti – è la regola numero uno.

J.N. Regola numero uno: “Non chiederti perché.” Le persone “lo sono e

basta.” Nessuna domanda circa il perché.

M.G. Appena ti unisci al club, questa è la prima regola. Puoi esaminare la

causa di qualsiasi altra cosa, eccetto dell’omosessualità.

J.N. Posso esplorare le ragioni del mio alcolismo, del mio eccessivo

appetito, della mia depressione – ma non della mia omosessualità.

M.G. Giusto. E, ironicamente, è ok perfino per gli eterosessuali mettere

in dubbio la propria eterosessualità.

J.N. (annuisce)

M.G. Così, quando infine mi resi conto che potevo mettere in dubbio la

mia omosessualità divenne tutto molto religioso. Iniziai a cercare la

volontà di Dio e a tentare di comprenderne il significato. Man mano che

acquisivo una maggiore conoscenza iniziai a dubitare di cose in cui avevo

creduto per tanto tempo. Avevo creduto in concetti che non avevano alcun

senso, alcun peso. E scoprii che non avevo più bisogno di crederci per

avere un senso di identità.

J.N. OK… quindi dici che quando hai iniziato a seguire la volontà di Dio

hai iniziato anche a rifiutare alcuni dei presupposti e delle credenze che si

associano all’idea che l’omosessualità riflette “ciò che sei,” nel senso più

profondo.

M.G. Si – ho iniziato ad esaminare questioni politiche, sociali e anche

questioni più interpersonali. Ad esempio la natura della dinamica del

potere tra due uomini è una questione riguardo alla quale ero molto

ingenuo. Ogni volta che mi trovavo in disaccordo con l’uomo che era il

mio partner in quel periodo – questo prima che iniziassi a relazionarmi con

Dio e con me stesso, autonomamente da chiunque altro – mi lasciavo

convincere dalle sue argomentazioni.

J.N. Quindi, a causa della tua relazione sempre più profonda con Dio hai

iniziato a sviluppare un’identità distinta, autonoma…

M.G. Esattamente. Questa è stata decisamente la prima cosa che ho

notato.

J.N. in che modo Dio è entrato nella tua vita? Come è successo?

M.G. Ebbene, in realtà lui (Dio) lo ha fatto. Mio padre era morto a causa

di un’improvvisa malattia cardiaca ed io pensavo di aver sviluppato la

stessa malattia. Avevo una specie di panico – una reazione ipocondriaca.

Per circa un mese, mentre attendevo i risultati dei test, pensavo che stessi

per morire.

J.N. OK, quindi soffrivi di attacchi di ansietà. Eri convinto che avresti

avuto un attacco di cuore come tuo padre e questo ti riempiva di paura.

M.G. Assolutamente, perché mio padre è morto mentre stava

semplicemente camminando sulla spiaggia. E dopo feci una cosa stupida:

provai ad autodiagnosticarmi cercando informazioni su Internet.

J.N. Il che faceva accrescere la tua ansietà perché ti sembrava di avere

ogni sorta di sintomo…

M.G. Esattamente (ride). Quindi pensavo che ogni mio passo

probabilmente sarebbe stato l’ultimo; attesi i risultati del test è alla fine ho

scoperto di non avere quella malattia.

J.N. (annuisce col capo) Si dice spesso che ciò che davvero ci conduce a

Dio é la paura della nostra mortalità… vivere l’esperienza di dubitare della

nostra sopravvivenza.

M.G. E’ proprio così. Ho scoperto di non avere quella malattia cardiaca e

ho ringraziato Dio. È stata la prima volta nella mia intera vita in cui ho

letteralmente riesaminato ogni concetto conosciuto dalla mia mente, la mia

intera esistenza.

J.N. Quindi, all’inizio hai provato paura, poi gratitudine, e infine

“metanoia”… un risveglio della tua vera identità.

M.G. E’ stato quello il momento. Non avevo più dubbi. E’ stata la fine di

una lotta intensa tra me e Dio.

J.N. Avete fatto pace?

M.G. Si è trattato di una pace istantanea.

J.N. Meraviglioso. Assolutamente fantastico.

M.G. E in quell’esperienza, improvvisamente, mi sono ricongiunto con

tutte le altre parti dell’umanità con le quali ero sempre stato in lotta.

J.N. Ti sei ricongiunto con l’esistenza.

M.G. Si, ma in quel momento non ero consapevole di questo. Sentivo

semplicemente che mi ero ricollegato a qualcosa di primario. Ho provato

una sensazione di autonomia, e così ho iniziato lentamente a comprendere

che cosa significasse tutto ciò.

J.N. Ho utilizzato le parole “ricongiunto con l’esistenza”, ma quali

sarebbero state le tue parole? Come descriveresti l’esperienza?

M.G. La prima cosa che ho provato è stato un senso di libertà, di

personale autonomia; in seguito, quando ho iniziato a leggere i Vangeli ed

in particolare le parole di Gesù, ho cominciato a capire ciò che mi stava

veramente accadendo – la nozione di una nuova vita. Nei Vangeli Gesù

rinunciava alla sua vita per me – donandomi una nuova vita …e tutti quei

concetti che non avevo mai conosciuto prima di allora.

J.N. Non sei stato cresciuto in una famiglia religiosa?

M.G. Sono cresciuto in una famiglia cristiana, ma in realtà era tutto come

in una fiaba. Mio padre non era cristiano; ha indebolito ancora di più le

verità divine che hanno cercato di insegnarci. Le trasformava in una sorta

di storielle simpatiche e sciocche per festeggiare il Natale.

J.N. Tua madre era religiosa?

M.G. Si. Era cristiana, non confessionale. Ci ha portati nelle chiese Unity

dove adoravano Dio-Padre, Dio-Madre e cose simili. Era una brava donna

con il desiderio di compiacere suo marito – un uomo molto agnostico che

era stato un hippie di Berkeley negli anni ‘60.

J.N. Parlami della tua comprensione psicologica della situazione in cui ti

trovi?

M.G. Dunque, come ho detto, la prima cosa che mi è successa è stato il

crescente senso di autonomia. In seguito ho iniziato a notare come

funziona la dinamica del potere all’interno delle relazioni gay.

J.N. Tra maschi

M.G. Tra maschi – Ho notato che c’è sempre una differenza di potere,

che due uomini non possono giungere davvero a qualche sorta di accordo

reciproco senza che una parte domini l’altra. Ed è stato allora che ho

iniziato a rendermi conto di questo. La mia relazione con il mio partner

cominciò a finire perché eravamo letteralmente giunti in un vicolo cieco,

non volevamo più accordarci. Quando ciò è accaduto lui non sapeva cosa

fare perché era abituato alla mia sottomissione.

J.N. Stavi cambiando?

M.G. Dopo che ci siamo lasciati ho iniziato a sviluppare una maggiore

autonomia. Per un po’ ho cercato ogni possibile spiegazione per quanto

stava accadendo – ho preso in considerazione tutto tranne l’omosessualità.

Un giorno, mentre ero seduto, pregando tra le lacrime, dissi “Che cosa mi

accade? Non capisco – Che cosa c’è che ancora non va?” E fu come se

tutto all’improvviso diventasse ovvio. Scrissi sullo schermo del mio

computer— “Sono eterosessuale.” L’ho scritto, e dopo averlo scritto,

semplicemente non potevo crederci. Mi sentivo come se avessi infranto la

legge.

J.N. Una svolta nella comprensione?

M.G. E tuttavia è stato terrificante; avevo la sensazione che milioni di

persone stessero ridendo di me, condannandomi per aver scritto quelle

parole.

J.N. Qualcosa del tipo “come osi dire che sei eterosessuale!”

M.G. Si. Ma da quel momento in poi mi sono reso conto che era la

verità. Adesso dovevo capire il perché di quei desideri e da dove venivano.

J.N. In altre parole, “se sono eterosessuale, allora perché provo questa

attrazione?

M.G. Giusto.

J.N. Questo è esattamente il primo passo della terapia del riorientamento,

dichiarare “Sono eterosessuale.”

M.G. Si.

J.N. Quindi stai dicendo che “non sei omosessuale; sei un eterosessuale

con un problema omosessuale.”

M.G. Esattamente. E mi fa piacere sentire che è tu hai lo stesso

approccio perché è questa la verità. Voglio dire, l’identità gay è totalmente

un’invenzione.

J.N. Un costrutto sociale. E quando la consideri in questo modo, inizi a

chiederti, allora perché provo attrazione per lo stesso sesso?

M.G. E’ così. Nel mio caso mi ha aiutato molto la meditazione. Mi sono

unito a una comunità – non è settaria, ma hanno alcuni legami con il

buddismo.

J.N. Di che tipo di meditazione si tratta?

M.G. È semplice, stai in posizione eretta e ti concentri sul tuo respiro.

J.N. E poi, qualunque pensiero ti venga in mente, lo osservi.

M.G. Esattamente. In questo modo ogni cosa che viene in mente non è

nulla di più di un pensiero, poi scendi sempre più in profondità fino a

quando osserverai pensieri e costrutti più grandi. Alla fine scivolano via

tutti. La stessa cosa iniziò ad accadere con i desideri per lo stesso sesso. In

quel periodo leggevo anche i tuoi articoli dove parlarvi del Falso Io. Le tue

parole mi hanno colpito molto perché erano perfettamente in linea con ciò

che avevo già iniziato a scoprire con la meditazione – che abbiamo un Io

Vero e che, per me, era l’Io che avevo già riconosciuto come l’autentico

ed autonomo Io-con-Dio.

J.N. L’Io ispirato da Dio che emerge con la meditazione.

M.G. Esattamente. Restavo attaccato a quel Vero Io, e mentro

riconoscevo tutti gli altri Falsi Io, li vedevo crollare.

J.N. Molto interessante. Così hai iniziato ad osservare tutti questi

costrutti dell’Io partendo dalla prospettiva del Vero Io.

M.G. Quando ho letto il tuo pezzo sul Falso Io e anche quando parlavi

della mascolinità e del forte desiderio di mascolinità, ho capito che era

esattamente ciò che mi era successo. Leggevo molto e cercavo di acquisire

una maggiore conoscenza, dal punto di vista politico, di tutti i concetti in

cui una volta avevo creduto. Iniziai a comprendere come la nostra cultura

avesse soffocato la mascolinità.

Già in passato avevo esaminato queste nozioni sulla mascolinità del punto

di vista prospettico del liberalismo, del socialismo e della psicologia

umanistica. Avevo capito che la mascolinità doveva essere equiparata alla

femminilità ma avevo abbracciato idee femministe. Così quando ho letto il

tuo pezzo la questione della mascolinità mi è divenuto chiaro.

Quando ripenso a mio padre, a come aveva paura della mascolinità…

imparai anch’io ad aver paura. Di conseguenza, quando all’età di nove

anni vidi mia madre che stava piangendo per causa sua, divenni il suo

protettore contro mio padre e contro tutte “le forze maligne” della

mascolinità.

J.N. Sembra che questa sia stata per te l’origine del Falso Io – un rifiuto

di rivendicare la mascolinità dentro di te. Si tratta di uno schema comune

tra gli uomini. Hanno un’immagine negativa di ciò che significa essere

maschio, si alleano con la propria madre contro il padre, e così facendo

non abbracciano mai pienamente la propria identità mascolina.

M.G. Assolutamente. Non volevo associarmi con qualcosa che potesse

fare del male ad una donna così come lo aveva fatto a mia madre.

J.N. Poiché tua madre era la figura fonte sicura di affetto.

M.G. E’ così.

J.N. E senza tua madre non eri nulla.

M.G. E’ così.

J.N. E quindi, in un certo senso, non stavi proteggendo soltanto tua

madre ma stavi proteggendo anche te stesso dall’annientamento.

M.G. Si, esattamente – come hai scritto nel tuo saggio. Esattamente.

J.N. Um-hmm.

J.N. Così la tua era ciò che noi chiamiamo la Classica Famiglia triadica –

dici di aver avuto una madre eccessivamente presente e un padre distante e

distaccato.

M.G Si. E in seguito, naturalmente, proprio come lo hai descritto, con

l’inizio della pubertà, il corpo è colmo di energia sessuale ed io desidero

fortemente la mascolinità perché ovviamente ho bisogno di averla dentro

di me. Ma nello stesso tempo non la desidero perché ne ho paura. Tutto ciò

è perfettamente logico – e tuttavia il vero detonatore è stato questa identità

gay inventata [offerta dalla società]. Ricordo molto chiaramente, quando

avevo 14 anni, che un mio amico si avvicinò a me e mi spiegò che ero gay.

J.N. Quell’etichetta è la risposta a tutto, non è vero?

M.G. Esattamente. È questo il problema, è proprio questo.

J.N. È una risposta semplice e rapida a un problema molto complicato.

M.G. E’ vero. Se continuiamo a fornire questa identità le persone non

risolveranno mai i propri problemi.

J.N. Perché l’etichetta dell’Io Gay è come una mano di vernice passata su

un’aspetto disordinato della nostra vita.

M.G. Si, è come uno strato di glassa. Ed è davvero insidioso, quando ti

accorgi che come editore di una rivista gay per giovani, stai facendo

proprio questo ai teenager! E’ questo che alla fine mi ha fatto smettere.

J.N. Quindi eri editore di una rivista gay…

M.G. Si. Iniziavo lentamente a comprendere la mia identità gay ma non

volevo parlarne ancora con nessuno al lavoro. Ma poi ho letto che nelle

scuole elementari stavano introducendo libri di testo che affermano

l’identità gay e mi resi conto che dovevo smetterla. Ovviamente, sono

soltanto una persona ma forse, dicendo queste cose adesso, posso aiutare

qualcuno.

Quando penso alla mia vita, se quell’identità gay non mi fosse mai stata

offerta su un piatto, e se nella nostra società avessimo un chiaro approccio

morale verso la questione – di essa [dell’attrazione verso i maschi] mi sarei

già occupato da tempo.

J.N. Giusto.

M.G. È pazzesco. Proprio non lo capisco. Ti dirò che quando per la prima

volta ho guardato il sito NARTH, mi sono sentito in colpa. Naturalmente

ne avevo già sentito parlare – ero un’attivista e vi avevo già catalogati

insieme agli “odiosi gruppi di estrema destra.” Sapevo di voi perché

dovevo mantenermi aggiornato su tutte “le persone odiose” in giro.

Onestamente, quando cliccai su un articolo del sito NARTH, ebbi la

sensazione di violare la legge; come se non avessi dovuto leggerlo.

Riuscivo soltanto a leggere alcune parole, dopodiché dovevo fermarmi.

J.N. Leggere materiale di NARTH era come un tabù per te.

M.G. È stato orribile. Era incredibile – e mi fa rendere conto di come

fossi soggiogato – e anche di come lo sono tante altre persone.

J.N. Sentire quel genere di controllo sociale è come essere in una setta,

non è vero?

M.G. E’ come una setta. Adesso parlano di me come se fossi morto

davvero – è ciò che [gli attivisti gay] dicono. C’era un titolo in un giornale

gay “Vita e Morte di un Americano Gay” – parlavano di me.

J.N. Si, l’ironia è che in realtà sei venuto alla vita!

M.G. Proprio così!

J.N. Quando leggi gli scritti di romanzieri gay, trovi sempre una nota di

fondamentale decadimento, ogni cosa alla fine si deteriora – le cose

semplicemente si degradano, scompaiono e muoiono. C’è un

perseguimento della bellezza della gioventù ma con una reale assenza di

trascendenza. Se leggi la vita di Oscar Wilde, per esempio, noti la stessa

cosa, quella radice pessimistica. E’ uscito un nuovo libro su Wilde scritto

da un uomo gay, che presumeresti essere un alleato di Wilde – tuttavia egli

parla di come la vita di Wilde fosse bizzarra e perversa. Sono certo che

conosci queste cose meglio di me.

M.G. Di queste cose ne ho viste molte. I più anziani sono semplicemente

attirati dalla bellezza di ragazzi più giovani e cercano di catturarla…sia per

concupiscenza sia perché cercano di apparire fisicamente più

giovani.Vogliono ottenere quella bellezza e quella mascolinità che non

hanno.

J.N. Provi attrazione per lo stesso sesso adesso? Che cosa fai quando

accade?

M.G. In realtà non mi succede molto spesso. Quando sono assorto nella

meditazione e un pensiero oppure un desiderio affiora, piuttosto che

concentrarmi su di esso o perseguirlo, “lascio semplicemente che esista”

Il mio Autentico io cresce ed il Falso Io alla fine sparisce insieme a quel

desiderio.

J.N. Quindi la consideri come una lotta tra il Vero ed il Falso Io?

M.G. Si.

J.N. Così ogni volta che l’attrazione del Falso Io per persone dello

stesso sesso affiora…?

M.G. Prima l’afferravo semplicemente, mi dichiaravo “gay” e tutto il

resto, inclusi tutti gli altri sentimenti, come il farsi sottomettere.

J.N. Adesso invece cerchi di resistergli.

M.G. Veramente non è che lo combatti perché – forse questo viene dal

buddismo – il combatterlo implica una lotta.

J.N. Giusto. Non lo combatti… semplicemente non fuggi e lo tolleri.

M.G. Stai con lui e quindi lo consideri per ciò che é.

J.N. Esatto.

M.G. E così facendo scendi sempre più in profondità.

J.N. Si.

M.G. Tanta parte di questa attrazione per lo stesso sesso è in realtà una

sorta di umiliazione. C’è anche tanta superficialità e la paura ti fa pensare

che questo è semplicemente ciò che tu sei. L’ho notato di nuovo proprio un

paio di settimane fa. Per un attimo sono stato preso dal panico e ho detto

“questa cosa la vuoi davvero,” ma è durato soltanto una frazione di

secondo. Non ho perso il controllo e non ho afferrato quel desiderio, lo

lascio andare.

J.N. Giusto. E hai fatto questo in stato di meditazione?

M.G. No, nel corso della giornata. Le tecniche di meditazione si

applicano alla vita quotidiana.

J.N. Capisco.

M.G. Così, quando l’attrazione per lo stesso sesso si fa viva di nuovo, la

lascio stare, e così facendo mi sento più me stesso, nutro il mio autentico

Io.

J.N. Mediti spesso?

M.G. Non seguo un programma fisso. Alcuni giorni mi siedo e medito

per un’ora, di solito lo faccio una volta ogni tre o quattro giorni. Ho anche

frequentato quattro o cinque programmi durante i weekend.

J.N. Pensi che questo ti porterà all’eterosessualità?

M.G. Lo sta già facendo.

J.N. Sta modellando la tua vita.

M.G. Non ti devi soltanto disfare, attraverso un processo di crescita, del

Falso Io… devi costruire un Nuovo Io a partire dall’eterosessualità.

J.N. Esattamente. Stai dicendo molte delle cose che insegno nei miei

seminari.

M.G. È vero, perché quando lasci andar via i sentimenti diventi

gradualmente più forte. E quando accade, non hai neanche bisogno di

creare l’eterosessualità.

J.N. È spontanea a quel punto, perché è latente…

M.G. E’ già li.

J.N. E’ nella tua natura.

M.G. Ed è così diversa dall’omosessualità.

J.N. Spiegaci perché.

M.G. Tu lo hai descritto molto bene – l’omosessualità ti mette dentro un

Falso Io. È tutto nella tua mente – e su questo ovviamente ho focalizzato

molto la mia attenzione – è letteralmente tutto nella tua mente. La

differenza tra l’omosessualità e l’eterosessualità è immensa ma penso che

moltissime persone omosessuali non se ne rendano conto perché sono così

abituati a questa sessualità creata nella mente che non riconoscono la

differenza.

J.N. Quando dici “nella mente” gli uomini gay ribatteranno “è nel mio

corpo. Quando vedo un ragazzo attraente, non è la mia mente – io sento

quella scossa nel mio corpo.”

M.G. Si, diranno così. Tuttavia, quella scossa è una messaggio di Dio

che ti dice che quella cosa al di fuori di te che desideri tanto, dovresti

invece svilupparla dentro di te.

J.N. Questo è l’elemento “riparativo”. L’omosessualità è uno sforzo per

riparare una parte integrale della tua natura cercando al di fuori di te ciò

che ti manca dentro.

M.G. Esattamente. Se mi sentissi attratto da qualche attributo mascolino,

direi “ Bene, ho due possibilità di scelta: la prima è quella di gettarmi nel

rapporto omosessuale e sentire quella mascolinità. La seconda è quella di

fermarmi, fare una pausa, rendermi conto del perché mi sento attratto

verso quell’attributo e dire “no, non ne ho bisogno. In realtà, c’è l’ho già.”

J.N. Giusto.

M.G. E? come una specie di illuminazione perché è un chiaro messaggio

che c’è qualcosa che puoi sviluppare dentro di te. La fai crescere dentro di

te, dopodiché non la desideri più.

J.N. E in questa liberazione dal forte desiderio sessuale ha un ruolo

importante la meditazione.

M.G. Almeno come punto di riferimento. E funziona soltanto perché

sono in grado di riconoscere qual’è il Vero Io e non mi lascio spaventare

da esso.

J.N. Questo è molto importante. Prima della meditazione devi riconoscere

il tuo Vero Io…

M.G. E’ così.

J.N. Per quanto tempo lo hai fatto? Per quanto tempo ti sei sottoposto a

questa trasformazione?

M.G. Dunque, se partiamo dalla prima volta che ho riconosciuto l’Io

autentico – non sapevo veramente che si è trattato di questo quella volta

che ho avuto l’esperienza di Dio circa quattro anni fa – ho iniziato a

lavorare seriamente su tutti questi desideri circa un anno e mezzo fa.

J.N. Um-hmm

M.G. Ed è stata la prima volta che mi sono recato in un luogo buddista e

ho iniziato a meditare e ad apprendere un nuovo linguaggio – un

linguaggio nuovo che mi ha insegnato ad osservare la mia mente.

J.N. Quindi, fondamentalmente, entri in uno stato meditativo e osservi

questi pensieri mentre affiorano.

M.G. Non si tratta tanto di “entrare” in questo stato, perché esso non è

diverso dal mio normale stato mentale. Esiste la percezione che la

meditazione sia uno stato ma in realtà anche questa è una falsa dualità.

Non c’è alcuna differenza tra come sono adesso e come sono quando sono

seduto in meditazione. È solo che la meditazione mi concede lo spazio per

calmare i miei pensieri e ridiventare forte, così, quando torno alla vita di

tutti i giorni, ho ancora quel punto di riferimento.

J.N. Per tornare a cosa?

M.G. Per ritornare a me stesso.

J.N. Capisco.

M.G. A volte non ne ho bisogno perché sento di essere stato abbastanza

autentico o abbastanza solido.

J.N. (annuisce col capo)

M.G. Ma è interessante anche notare come tutto questo si allaccia alla

religione perché ho avuto diverse esperienze in cui ho cercato di

focalizzare la mia confusione su Gesù. Si è trattato di esperienze molto

profonde. Era come se lui fosse una presenza reale – capace di prendere

tutta la mia confusione, e perfino tutti i miei desideri, e di trasformarli.

J.N. Si…

M.G. E una volta trasformati sono diventati parte del mio Vero Io.

J.N. Assolutamente. E’ il potere che il trascendente ha di trasformarci.

M.G. Esattamente. Non direi mai a nessuno che l’omosessualità si può

curare semplicemente con la sola meditazione, perché non è vero.

J.N. OK….

M.G. Ci sono molte persone gay che sperimentano la meditazione e che

dicono di essere ancora gay.

J.N. Si. Non meditano sulla loro sessualità dalla tua stessa prospettiva.

M.G. Per me la meditazione è stato un modo per non sottopormi alla

terapia; sarebbe stato quasi impossibile poiché non avevo denaro. La

meditazione ti fornisce un linguaggio ma Dio ti dà la direzione e la

motivazione. Nessuno dei miei cambiamenti sarebbe avvenuto senza Dio o

Gesù. Conosco persone che hanno meditato per molti, molti anni, e forse

adesso sono molto più calmi e più saggi di me – ma la direzione che hanno

preso è diversa e adesso sono ancora gay.

J.N. Dunque, dici che porti con te, nella meditazione, quella verità

riguardo il Falso Io e l’omosessualità. Per meditazione non intendi uno

stato mentale diverso o alterato – è soltanto di una “ rivelazione della

verità”. La meditazione crea l’occasione per bloccare le distrazioni esterne

e per “giungere alla verità”, e quella verità, per te, è ispirata da Dio.

M.G. E’ proprio così. Devo dire però che l’organizzazione della

meditazione mi infastidiva perché sono anticristiani. Era una cosa che

dovevo risolvere e ho pregato molto al riguardo. Avevo la sensazione che

Dio mi stesse dicendo: “No, non smettere, ti fa bene…. prendi da questa

esperienza ciò che di buono ti può dare.

Non voglio che questo suoni come “puoi cambiare anche senza Dio”

poiché non penso che sia possibile. Non lo so, forse voi avete successo con

persone che sono senza Dio…

J.N. Abbiamo successo con persone che non sono religiose, ma in quanto

cattolico, credo che lo Spirito Santo stia operando anche nelle loro vite.

Molti uomini diventano più religiosi durante il processo terapeutico. In

quanto psicologo non rientra nel mio ruolo introdurre idee religiose, ma i

clienti stessi spesso iniziano gradualmente a ricercare la conoscenza di un

creatore man mano che crescono in umiltà e trasparenza. In realtà, la

ricettività verso un rapporto con Dio spesso sembra rientrare in un più

largo processo di maturazione emotiva.

Michael, tante grazie per le tue profonde intuizioni sul processo di

cambiamento.


Agapo ringrazia Patrizia B. per la traduzione

http://omosessualitaeidentita.blogspot.com per la prima pubblicazione italiana