Nell’intervista con Avvenire del 12 giugno 2020 il relatore della proposta di legge sostiene: “in tanti casi di omofobia andati a processo, il giudice, non avendo riferimenti precisi, ha dovuto appellarsi ai motivi abietti”. Per Alessandro Zan questo fatto “contrasterebbe l’esigenza di rafforzare le tutele”. Riteniamo che le persone omosessuali siano tutelate proprio attraverso l’aggravante dei motivi abietti. Anzi, con una legge anti omofobia volta a contrastare “discorsi di istigazione all’odio e alla violenza” si rischierebbe di spostare il focus dal delitto alle intenzioni dell’aggressore, queste ultime soggettive e più difficili da dimostrare. Di più: essendo l’omotransfobia legata a “paure irrazionali” si tenderebbe addirittura a fornire un’attenuante all’atto di aggressione.
Siamo inoltre perplessi in merito all’affermazione del relatore secondo la quale il potere esecutivo, a mezzo dell’Osservatorio della Polizia o di altri strumenti, allo stato attuale “non potrebbe raccogliere i dati legati agli atti omofobici, non essendo questi collegati a un reato specifico”. Con ciò il relatore dichiarerebbe in modo indiretto che l’attuale iniziativa legislativa in tema di anti omotransfobia non è basata su dati concreti.
Positive invece le intenzioni dichiarate del relatore di “rispettare le idee” degli altri. Purtroppo la realtà ha già superato il pensiero, come dimostrano i numerosi episodi di violenza (ostracismo, distruzione della reputazione, minaccia di boicottaggio, licenziamenti) perpetrati contro i portatori di “idee diverse” da quelle del mondo istituzionale LGBTQ: da ultimo il caso J.K. Rowling, scoppiato in questi giorni in Inghilterra.
Michael Galster
Il presidente, a nome del Consiglio direttivo AGAPO OdV