Campagna del Comune di Milano contro l'omofobia

Due volte genitori - 9 Zone contro l'omofobia: Davvero?

 

Con questo titolo l’Assessorato alle Politiche sociali del Comune di Milano diffonde il film “Due volte genitori” sul territorio di Milano e annuncia la sua campagna di sensibilizzazione contro l’omofobia. 

Il film racconta la storia di un gruppo di genitori con figli omosessuali che narra la propria trasformazione da genitori “sbagliati”, inutilmente sofferenti per l’omosessualità del proprio figlio - a cui “frana la terra sotto i piedi” - in genitori “nuovi” che condividono l’omosessualità del figlio. La loro trasformazione passa attraverso la pubblica autocritica davanti alla cinepresa, il ribaltamento dei ruoli da educatori in educati per mezzo dei loro figli, per concludersi con la loro rendenzione definitiva, aderendo alle rivendicazioni del Gay Pride di Roma. E da allora genitori e figli vissero felici fino alla fine dei loro giorni. 

Il film fornisce una rappresentazione molto autentica della sofferenza dei genitori, che è quella di tutti i genitori, quando vengono a conoscenza dell’omosessualità del figlio, anche di quelli più tolleranti e di quelli più progressisti che magari politicamente si fanno propria l’agenda gay: quando è il proprio figlio cui tocca, tutto crolla, tutto di colpo è diverso. Soltanto per un pregiudizio culturale o socio-politico?

Il film fa sorridere e ridere, fa ridere dell’ignoranza dei cattolici intervistati al Family Day di Roma di alcuni anni fa e delle persone comuni che si incontrano in treno. Il film fa sentir bene, più illuminati, liberi da pregiudizi che sono sempre degli altri. Ma dentro di sé, l’eterosessuale che vede il film o colui che non lo vede, in fondo è solo contento di non essere omosessuale lui stesso. Quando la questione entra nella propria sfera personale e intima, tutto cambia, come nel caso dei genitori del film. Gli eterosessuali allora soffrono tutti di omofobia o di “eterosessismo interiorizzato”? Devono essere curati e rieducati?

Cosa sia davvero l’omofobia non è mai stato chiarito, né nel film, né così ci sembra in altra sede, neanche da parte del Comune di Milano che lo promuove e che ha avviato la campagna anti-omofobia.

È omofobo Massimo D’Alema, esponente doc della sinistra, quando l’anno scorso, in conformità a spirito e direttive della Costituzione italiana[1], sostenne che “il matrimio è tra un uomo e una donna e (per lo Stato) finalizzato alla procreazione”? Dalle risposte che fornisce internet, digitando le parole “D’Alema” e “omofobo”, sembra proprio di sì. Infatti, Massimo D’Alema si è scusato con le associazioni gay per le sue parole di cui sopra e ha, in stile Galileo Galilei, pubblicamente ritrattato.

 

Nella versione originale del film una madre pone la domanda, a nostro avviso, più importante in assoluto rispetto all’omosessualità: “che differenza c’è quando un uomo ama una donna o quando una relazione tra due diversi, ossia A + A = A + B? La differenza tra A e B, tra uomo e donna, è irrilevante a livello di relazione affettiva e intima?

La differenza dei sessi è indubbiamente il primo e irriducibile elemento su cui si basa l’identità degli esseri umani e sulla cui valorizzazione si basa anche l’amore tra un uomo e una donna. Non si comprende perché la sua assenza nella relazione omosessuale e gli effetti che ne possano derivare non debbano essere tematizzati, né nel film né in altra sede.  Non si comprende questa certezza mostrata nel film secondo cui l’unica causa del frequente sconforto esistenziale di persone omosessuali debba risiedere nell’ostilità della società, della gente comune e nell’omofobia interiorizzata.

L’Assessore alle Politiche sociali del Comune di Milano, come noto, si propone di equiparare la coppia gay alla famiglia basata sul matrimonio, di trattare in modo uguale situazioni con bisogni sociali profondamente diverse tra loro. A tale proposito va notato il fatto che la negazione della rilevanza pubblica della differenza dei sessi e del ruolo della famiglia come luogo in cui crescere la generazione successiva, fornisca una giustificazione formidabile alla classe politica (di ambedue gli schieramenti) per non contrastare il processo di depauperimento della stessa famiglia comune in atto da tre decenni. E sembra proprio che in tal senso alcuni degli attuali governatori del Comune di Milano vogliano porsi come “avanguardia”[2].

Negare o minimizzare la differenza dei sessi è utile agli omosessuali? L’esperienza quasi quindicennale dei Registri delle coppie di fatto in Italia ha dimostrato che in sostanza gli omosessuali non ne fanno uso. Cosa vogliono fare i governatori di Milano? “Rieducare” gli omosessuali comuni che non vogliono fare il coming out e, per esempio, iscriversi nei Registri del Comune? Non solo “Due volte genitori”, ma anche due volte omosessuali? 
La condizione di vita omosessuale è difficile e se i politici davvero vogliono far il bene degli omosessuali, per favore lo facciano per tutti, non solo per coloro che sono organizzati e politicizzati sotto la sigla gay. Ci sono sì omosessuali che vogliono agire la propria omosessualità ed esternarla, ma ci sono anche coloro che non la considerano un elemento fondante la propria identità e che desiderano il rispetto della privacy. Altri decidono di non agirla affatto, per motivi di fede religiosa o per altri motivi, altri ancora desiderano superarla: nessuno deve essere deriso, ridicolizzato come “represso” o tacciato di ipocrisia o di omofobia interiorizzata. Il film e la campagna politico-culturale “Due volte genitori - 9 Zone contro l'omofobia” dell’Assessorato danno spazio a voci diverse, sono plurali e dialogici? Invitano davvero alla tolleranza oppure servono soltanto ad acluni a farsi sentire più illuminati degli altri e a far tacere chi sente e pensa diversamente?

[1]. I padri della Costituzione italiana, ispirati dal principio della giustizia sociale e consapevoli che la sostenibilità dello stato sociale dipende da un’equilibrata successione delle generazioni, negli articoli 29, 30 e 31pongono la famiglia sotto particolare tutela. In tale intento usano il termine “società naturale basata sul matrimonio” per indicare che la famiglia è un istituto che precede la politica e, sullo sfondo dell’esperienza totalitaria del fascismo, per ripararla dalle eventuali mire manipolatorie di una futura classe politica.
 
[2]. Nel programma della giunta al governo di Milano, fatto inedito per una formazione politica di sinistra, in particolare per un partito come il PD, tra più di 17000 parole, non si trova un capitolo, un paragrafo, neanche una parola dedicati alla famiglia naturale. Non sembra casuale che l’assessore di competenza abbia recentemente chiuso un centro di servizi innovativo (“Informafamiglia”) e cominciato a distribuire le già scarsissime risorse destinate alle giovani famiglie per l’acquisto della prima casa (€5000 per “quella cameretta in più”) a una popolazione più ampia.